Massimo Maria Carpinteri, olio su tela cm. 30X60 (2023-24)
RITORNI A ME
SINOSSI:
Questo racconto è una vigorosa metafora sul ritorno dell’ispirazione, personificata come una figura intima e quasi dolorosa: Lara. La narratrice esprime con forte intensità emotiva la lotta interiore tra il desiderio di creare e la paura dell’esaurimento che ciò comporta. La scrittura appare come un’amante esigente, al tempo stesso curativa e distruttiva. Il tono intimo, confessionale e lirico le conferisce grande profondità. È un testo che parla dell’arte come necessità vitale, nonostante la sofferenza che essa porta con sé.
RITORNI A ME
Ritorni a me, mi chiami e ti scopri più vicina di quanto pensassi. Hai deciso di lasciarmi dopo uno scontro tra forme e parole. In lotta con il mondo, hai svoltato l’angolo e hai percorso cammini silenziosi. Non hai più fatto ritorno, fino a ieri. Ho sentito bussare alla porta, appena tre tocchi ed ho capito. Non volevo aprire perché le tue parole riempiono fogli su una tastiera, invadono il cuore che prova emozioni e inchiodano il culo a una sedia pur di avere voce. Eppure, ho sentito quelle nocche asciutte e tenaci che picchiavano. Prima ho spiato da sotto la poca luce della porta, ho preso distanza da te, guardando fuori dalla finestra, e poi sono corsa ad aprirti. Lì immobile, i nostri sguardi si sono incrociati e ti ho vista.
Non eri cambiata, avevi il viso provato di chi ha taciuto per troppo tempo. Non hai fiatato, ma ti sei sentita a casa, dopo tanti mesi. Ho voluto aspettare prima di accoglierti, ho lasciato che amici, familiari e sconosciuti sentissero la tua versione dei fatti, senza nessun trasporto. Ancora mi fai paura e sono costretta a fare altro per non guardarti negli occhi. Accidenti se fai male!
Accetto il tuo ritorno, ma non condivido la tua gioia, la tua insistenza in volermi spiegare. Cosa poi? Ti conosco e so che inizi con un parliamone, che finisce in un non mi lasciare, ho bisogno di te. E lì cedo. E lì mi siedo e non penso ad altro, se non ad amarti con il corpo e la mente perché non so amarti a metà. Eppure, mi dico che questa volta non succederà. Ancora no. Ancora è troppo presto.
Porti una mongolfiera di storie, di fatti che mi lasciano senza parole, me li vorresti consegnare tutti, rovesciarmeli addosso come se io fossi un inceneritore che dissolve ogni carico che arriva. Vorresti che venissero alla luce lotte, proteste, drammi, insensatezze e alla fine pace. Ti nutri di fibra umana e così cerchi di avvicinarti, vuoi che io ceda, che ti appartenga, che sia un tuo strumento. Mi ripeto che non serve dare spazio ai tuoi formati perché nelle tue pagine sono caduti in tanti e pochi sono i sopravvissuti. Gli altri hanno abbandonato tra singhiozzi in gola e dita doloranti. Sento i primi brividi sulla schiena e scappo. La stanza è piccola, corro da un angolo all’altro in diagonale, in verticale, in orizzontale e tu lì al centro ad osservarmi. Sai essere paziente quando vuoi perché non accetti un rifiuto.
Mi ripeto che tornerai a farmi male, ad allontanarmi dalle faccende quotidiane per ascoltarti. Mi costringerai a scava- re dentro me e a darti ascolto. Farai di nuovo male, sarai cura e ferita, ma ammetto che mi sei stata vicina quando non credevo in me. Mi hai coperta di gloria quando ti ho ascoltata, però in cambio hai voluto che giurassi fedeltà e perdo- no. Ed è per questo che dico ancora una volta che non serve negarti, fare finta che non esisti perché per quanto ti tenga lontana, tu ritorni a casa, da me.
Mi vedi, mi segui con lo sguardo, intuisci che sono convinta. Pochi passi e alzo lo schermo, lo accendo e muovo le dita formando linee nere su un foglio bianco che disegnano la tua persona.
– Welcome back – sono le prime parole che so dire – Ti va di raccontarmi qualcosa? Sono pronta a darti una nuova chance… detta pure, Lara.





